
La Consulta ha deciso: “FINE VITA MAI”. NO al referendum
La storia di Eluana Englaro non è servita a nulla
➡️ A leggere questa notizia mi è ritornata in mente la storia di Eluana Englaro - da 17 anni in coma vegetativo ed alimentata con un sondino gastrico attraverso tutto l’armamentario medico per mantenerla in vita - e dal desiderio del padre (che si fece interprete e garante del desiderio espresso dalla figlia quando era in vita) di staccare la nutrizione e i farmaci. L’Italia si spaccò in due, da una parte laici e cattolici progressisti e dall’altra i Cattolici reazionari e tradizionalisti. Mi chiedevo se quella era vita e soprattutto cosa ci entrasse Dio e tutte le veglie di preghiera organizzate per tenerla in vita da pseudo devoti. Senza questi mezzi tecnici e ausili tecnologici molto probabilmente 60 anni fa la stessa ragazza e lo stesso Mario (nome di fantasia), tetraplegico, non sarebbero sopravvissuti molto, perché la natura avrebbe fatto il suo corso
Per chi non lo sapesse nel 62 % dei casi nelle rianimazioni si applica la cosiddetta desistenza terapeutica, ciò la sospensione delle terapie, mentre nel caso degli espianti i familiari danno il consenso con il cuore ancora pulsante e altri organi ancora in vita. In questo caso si parla di eutanasia? Già, la natura! Tanto acclamata da parte della chiesa, quando si tratta di combattere i mezzi tecnici che la stessa scienza ha prodotto per permettere ai coniugi di decidere responsabilmente quando mettere al mondo un figlio. Non abbiamo imparato che siamo fatti ad immagine di Dio? Ebbene Dio non è relazione? E nella relazione non c’è un io e un tu dialoganti? Anche se dovesse mancare la parola esiste il linguaggio del corpo: un sorriso, un gesto, il movimento di una palpebra. Non sappiamo se le piante dialogano, ma sappiamo che gli animali lo fanno anche se non con il nostro linguaggio. Ebbene ad Eluana mancavano tutte queste facoltà: la volontà, la parola, lo sguardo, la percezione e l’attività cerebrale. Non sappiamo se sia il caso di Mario (primo malato in Italia a ottenere il via libera al suicidio medicalmente assistito), che nel pieno delle sue capacità cognitive aveva il diritto di scegliere liberamente di non soffrire inutilmente: «Mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni». Mi chiedo se per i 5 milioni di bambini che ogni anno muoiono per fame non si possa parlare di una sorta di “suicidio assistito.” La chiesa non può e non deve farsi abbagliare dall’idea di un Dio che tenta di violentare la natura stessa da lui creata o dalla tentazione di fare della tecnica un Dio cibernetico in grado di dare risposte ad ogni esigenza.
Se è vero che è Dio che decide della nostra vita e della nostra morte, cosa avrà deciso del bambino sbranato da un cane o di quello di Monreale soffocato dalla corda della tenda con cui stava giocando? Ha deciso che quello era il loro momento? Ha forse deciso anche in quale modo dovevano morire? Francamente inorridisco al sol pensiero che ci siano (e purtroppo ci sono) devoti della serie “non cade foglia che Dio non voglia” o che accettino la sola idea che Dio possa ordire tanta crudeltà in nome del principio che è Lui stesso che decide il giorno, l’ora esatta e addirittura il modo con cui dovremmo togliere il disturbo. Come non ricordare quel devoto che, in piena pandemia, su facebook nel marzo 2020 scrisse: “Il Papa e il vescovo di Palermo ci proibiscono di entrare in chiesa. Ricordo loro che in piena pestilenza nei secoli passati i sacerdoti si riunivano dentro le chiese con i fedeli per pregare”.
Questo vuol dire che non dobbiamo pregare? Per carità, preghiamo pure ma non carichiamo la preghiera di aspettative umane troppo terrene. Credo che Dio ci chieda semplicemente di fare la sua volontà e allo stesso tempo di attivarci attraverso le nostre scelte consapevoli per rendere migliore la nostra esistenza e quella del nostro prossimo. Tutto il resto releghiamolo al mistero…della fede. Intanto la Consulta ha tolto ai cittadini di uno Stato laico la possibilità di esprimersi sul tema attraverso un REFERENDUM.
di Giuseppe Compagno